Ogni persona ha nella memoria il ricordo della sua gioventù, più invecchia e più gli ritorna in mente il tempo passato.
Infatti spesso fra le persone anziane si sente dire “ te lo ricordi quando s’era ragazzi si faceva…..
Si diceva…….si andava…….”Altri tempi! Rispondono gli altri.
Scavalcando nella memoria e pensando ai tempi passati mi ritornano in mente anche tanti giochi, la difficoltà maggiore sta nello spiegagli esattamente.
 
Questi giochi sono dedicati alla toscana, che i bambini di un tempo si accontentavano con poco, costruivano i giochi con mezzi di fortuna. La sera si ritrovavano insieme ai genitori a passare con altre famiglie andando in casa di essi e di fare le veglie divertendosi, con giochi semplici, canti e balli. Quanti di noi da bambini non ha fatto le conte ai giochi? Oggi i bambini le usano raramente....



                                                           Giochi e giocattoli                                                                                 





                                                                                        Le conte:
  A B C D la mia gatta mi morì, mi morì di giovedì A B C D.
  Ambarabà ci ci  cò cò tre civette sul comò che facevano all'amore con la
      figlia del dottore, il dottore si ammalò, ambarabà ci ci cò cò.
  Piso pisello, l'occhio cimbello,la bella pievana che sale la scala,la scala e
     il pavone,la penna e il piccione,la figlia del re a star sotto tocca a te.
    Passa un omino con la pipa in bocca, guai a chi la tocca,l'hai toccata te
     a uscire dal gioco tocca proprio a te.
    Tocca tutto mi insegnò che facessi a questo mo' ,questo mo' e questa maniera
      esci fuori bocca nera.

                                                                                      Lo scoppietto
                                                                                  
Era una specie di cerbottana costruita con un ramo di sambuco diritto senza nodi lungo circa quindici centimetri;era composta inoltre da un ramo sempre diritto di scopa e da due batuffoli di stoppa.
Il sambuco veniva ripulito all’interno e il ramo della scopa reso a giusta misura per farlo passare dentro il foro. Il batuffolo di stoppa veniva bagnato con la saliva, con forza, per mezzo del legno di scopa, si introduceva dentro il foro del sambuco.
Facendolo passare più volte si ottenevano due piccole palline dure.
La prima pallina veniva fatta fermare all’estremità del foro di modo che quando si o introduceva e si spingeva la seconda pallina nel mezzo si formava l’aria compressa e la palla di cima usciva fuori con una spinta che la portava lontana di diversi metri,facendo anche un piccolo colpo. Le palline venivano raccolte e si ripeteva l’operazione fino a quando non era venuto a noia.

                                                                                                        
                                                                                 

                                                                                   Sbarba cipolle                                                                                
Era un gioco di gruppo con grosse urla e risate che generalmente veniva fatto in casa.
Una persona si metteva a sedere in una sedia e teneva in collo un compagno ,abbracciandolo stretto
per la vita. Questo a sua volta ne prendeva in collo un terzo stringendolo più forte possibile e così via,
facendo una bella fila. L'ultimo veniva tirato per le braccia da una o due persone più robuste rimaste
fuori. Quelli  che tiravano per poter vincere bisognava  portassero via tutti i compagni che erano a sedere. Se alla fila ne veniva strappato uno, quello si metteva da una parte a guardare.
A forza di tirare a più non posso da ultimo si portavano via tutti i compagni e......perfino la sedia!
                    
                                                                                    
                                  
                                                                                               Biccicu'
                                                                                                                                                                                        
Era un gioco fatto soprattutto nelle lunghe serate d'inverno. Un ragazzo si metteva ritto o a sedere
girato di spalle. A turno si batteva , piano per non farli male, sopra il capo del ragazzo dicendo la
seguente cantilena : Biccicu' biccicu' quante corna stanno quassù? Intanto veniva aperta la mano sopra il capo del ragazzo,mostrando da uno a dieci dita , a scelta del giocatore. Il ragazzo che non poteva vedere,tentava di indovinare .Se per esempio le dita sopra al capo erano sette e lui rispondeva
otto ,chi era di dietro rispondeva: se sette lo dicevi la cavalla la vincevi! Biccicu' ,biccicu' quante corna ci stanno quassù? Il gioco riprendeva così dall'inizio fino a quando non veniva indovinato il numero e a quel punto si invertivano i posti.
 
                                   
                                   
                                                                                          Becca l'uovo    
                               
Questo è un gioco da ragazzi, che veniva fatto la sera dopo cena, alla vigilia di una ricorrenza di una festa,
come il Natale, primo dell'anno ecc. la mamma sgusciava le uova sode,tante quante erano i ragazzi, le metteva in un catino con circa venti centimetri d'acqua tiepida. Il catino veniva messo nell'impiantito della cucina e, a turno,  ogni  ragazzo si abbassava e tuffava il capo dentro il catino per cercare di prendere l'uovo con i denti.
Quando ogni ragazzo aveva preso il proprio uovo se lo mangiavano tutti insieme.

                                                                                              Semolino
                                                                                           
Per completare la serata,insieme al gioco sopra descritto,veniva fatto a semolino.
La nonna prendeva una mestolata di semola dal sacco appoggiato alla madia e la versava sul tavolo di cucina.
Nella semola ci venivano messi vari centesimi e dopo veniva rigirata più volte,in modo che i soldi si mischiassero uniformi.
Ad ogni ragazzo che era seduto intorno al tavolo,veniva dato un monticino uguale di semola. Il divertimento stava nel disfare i monticini e trovarci più soldi rispetto agli altri.

                                                                                     Il tiro alla fune
                                                                           
Questo gioco si poteva fare anche nell'aia,in qualunque ricorrenza .Preso il canapo del carro (fune grossa) che era molto robusto,occorreva uno spazio pianeggiante che non desse né vantaggio né svantaggio  a chi tirava.
Veniva fatto un segno,sia nel canapo che in terra e fatto combaciare insieme. Dopo sette o otto persone per parte,al via del mossiere,iniziavano a tirare. Per vincere si doveva far sì che una squadra facesse oltrepassare la riga di terra alla squadra avversaria .

                                                                                   


                                                                                      La mosca cieca
                                                                                  
Era un gioco di gruppo che veniva eseguito in casa e all'aperto. Dopo aver fatto la conta,al ragazzo venivano bendati gli occhi in modo che non potesse vedere,veniva fatto girare per farli perdere l'orientamento e, una volta lasciato,doveva trovare i propri compagni e riconoscerli a tasto.
Se indovinava si toglieva la benda e la metteva a colui che era riconosciuto. Questa era l'unica occasione quando ci
si poteva toccare con i ragazzi.

                                                                        Il palio degli insaccati
                                                              
Durante la ricorrenza delle grandi feste religiose fatte ogni tanti anni per onorare il Santo Patrono,il comitato dei festeggiamenti metteva nel programma anche il palio degli insaccati. Il percorso poteva essere lungo,al massimo ,
cento metri. Alla partenza come all' arrivo, per terra,veniva fatta una linea con la calcina bianca. Chi voleva partecipare bastava si presentasse all'ora stabilita nel luogo scelto con un sacco vuoto.
                                                                         
                                                                                 
                                                                            
                                                                                La pentolaccia
Forse il nome pentolaccia deriva dal fatto che per giocare venivano prese le pentole di terracotta,messe da parte dalle massaie perché incrinate. Queste pentole venivano legate ad una fune,distanti circa un metro l'uno dall'altra e riempite secondo la volontà degli organizzatori della festa.
Una era sempre piena di cenere,le altre potevano contenere roba da mangiare ed anche soldi. Il gioco consisteva nel rompere con un legno a occhi bendati. La fune con le pentole attaccate veniva legata ben tirata fra due muri di una strada o fra due pali piantati in terra per l'occasione, ad una altezza di circa due metri e mezzo. Il partecipante Veniva preso sotto braccio e fatto camminare e girare in modo da fargli perdere l'orientamento e infine,dopo avergli consegnato il palo per abbattere, veniva lasciato libero in prossimità dell'obiettivo. Per orientarsi il giocatore toccava il muro con le mani o il terreno con i piedi, per capire come muoversi.
La folla che assisteva lo guidava con la voce dicendoli Avanti! A destra a sinistra!Picchia ora!
Da ultimo,con quanta forza aveva,dava un colpo col bastone e se non prendeva l'obbiettivo toccava un altro.
Alla fine quando rompeva la pentola e se era quella contenente la cenere faceva un gran polverone,mentre se era
quella piena di caramelle tutti si precipitavano in terra a raccoglierle.
                                                                                         
                                                                                      

                                                                                         il carrarmato
                                                                                      
Si prendeva il rocchetto di legno vuoto nel quale c'era stato il filo per rammendare,gli si facevano delle tacchette da tutte e due le parti come un ingranaggio. Poi si passava un elastico a doppio,attraverso il foro del rocchetto e si fermava ad un'estremità con un bastoncino corto,bloccato a sua volta nel rocchetto da due chiodini. Dalla parte opposta,infilato nell'elastico,si metteva a contatto con il rocchetto una moneta di cera e uno stecco di legno un po' più lungo,in modo che da una parte toccasse in terra.
Il legno più lungo serviva sia ad avvolgere l'elastico sia,una volta appoggiato in terra, a dare la direzione al carro armato. La moneta di cera rallentava lo svolgimento e così il mezzo camminava lentamente riuscendo a saltare qualche piccolo ostacolo.

                                                                                      


                                                                                           La strombola
                                                                                    
Si cercava un legno a forcella, si tagliavano le due parti ala stessa misura di circa dieci centimetri , poi con il coltello si tagliava tutta la buccia del legno. Con le forbici si tagliavano due strisce di camera d'aria da biciclette,ben diritte,
che facessero da elastico e legate  una per parte in cima ai due lati della forcella . In fondo ai due elastici ci si fermava un pezzetto di cuoio . Quando si voleva tirare su un obbiettivo, veniva messo un sasso nel cuoio,presa la mira, tirato l'elastico indietro e lasciato poi tutto insieme: vinceva chi riusciva a colpire il bersaglio.
                                                                               
                                                                                
                                                                                     
                                                                           
   
                                                                                 Il salto con la corda
                                                                               
Due bambine prendevano ognuna un capo della fune e si mettevano ad  una distanza tra di loro di circa tre o quattro metri  e iniziavano a farla girare sempre con la stessa velocità, facendola passare a filo terra. Un' altra bambina si metteva di fianco alla compagna che girava la corda e quando vedeva che la fune era in alto entrava al centro e nel momento che la fune passava per terra lei doveva saltare in modo da non bloccare il giro della corda. Se la bambina non era abbastanza attenta e la fune le batteva nelle gambe veniva eliminata e ne entrava dentro il cerchio un'altra. Ogni salto di ogni partecipante veniva contato e vinceva chi riusciva a farne di più .

                                                                    
                                                                                         
                                                                                            La palla                    

Di giochi a palla ne esistevano tanti, ma il più frequente,specialmente tra bambine,era quello di battere la palla nel muro e riprenderla poi con le mani. Si poteva giocare da soli e in gruppo. Prima veniva cercato un muro senza finestre,per evitare il pericolo di rompere qualche vetro,poi in base alla conta,la prima iniziava a giocare. Mentre tirava la palla sul muro cantavano diverse cantilene, fra le quali una diceva: Muovermi .Senza muovermi. Senza ridere. Con un piede. Con una mano. Battere. Zigo zago. Violino. Un bacino. Tocco terra. Cuore. Angelo. Tirando la palla ci si doveva comportare o fare il gesto in base al comando della canzoncina. Quando si pronunciava senza muoversi si doveva prendere la palla stando fermi , quando si diceva senza ridere si doveva stare seri e così via. Se una bambina riusciva a completare tutti e tredici i comandi senza sbagliare passava il turno e doveva iniziare con la stessa cantilena però senza muoversi . Terminato anche questo lo doveva fare senza ridere e senza sbagliare per tutti i detti della canzone. A l primo errore che commetteva toccava alla compagna che per la conta veniva dopo . Vinceva chi riusciva ad arrivare per prima in fondo alla canzone superando tutti gli ostacoli .

                                                                                      

                                                                                        La campana                                                                                  
Era un gioco simile al brucio; la differenza stava nelle caselle,in cima terminava a cerchio e il sasso si prendeva con le mani.
Il primo partecipante lanciava il proprio contrassegno che poteva essere un pezzo di mattone o un piccolo sasso piatto. Se non andava nella casella giusta o se si fermava sopra le righe,saltava il turno. Se il lancio riusciva bene si partiva  a zampa zoppa arrivati nella casella dove c'era il sasso ci si abbassava e si prendeva con le mani,
continuando poi il percorso sempre a gamba zoppa.
Arrivati alle caselle orizzontali si battevano i piedi contemporaneamente e così si arrivava in cima, dove ci si poteva riposare. Da qui si ritorna indietro col solito metodo.
Se con il piede si toccava qualsiasi riga ci si fermava facendo giocare il compagno che, per conteggio,era il successivo. Terminato il giro,il sasso si lanciava nel punto successivo a quello già fatto,ripetendo l'operazione fino ad esaurimento di tutte le caselle.
A questo punto il giocatore aveva diritto di scegliere una casella, che diventava sua proprietà.
Gli altri per passarvici sopra dovevano chiedere il permesso e se non gli veniva dato dovevano fare un salto e superarlo ,aumentando il rischio di cadere e di commettere errori , ma anche la competizione.

                                                                                     
                                                                                 La corsa a tre gambe
                                                                                                                                                               
Questo gioco era nello stesso percorso del palio degli insaccati e sempre in occasione di una festa paesana. 
I partecipanti si mettevano a coppia alla partenza,poi veniva legato loro una gamba a quella del proprio compagno formando così un solo concorrente.
Nei giorni precedenti alla gara era necessario fare alcune prove per riuscire ad avere lo stesso passo durante la corsa. La cosa non era proprio facile,infatti molti concorrenti erano sempre per terra. Il divertimento degli spettatori stava proprio nel  ridere di chi cascava in terra e durava fatica ad alzarsi . Come in tutte le corse vinceva chi riusciva a tagliare il traguardo.

                                                                                       

                                                                                        O che bel castello

Un gruppo di bambini e bambine si davano la mano formando un grosso cerchio chiuso,mentre altri due giravano intorno all'esterno cantando la seguente canzoncina:
O che bel castello Marcondiro dirondello , o che bel castello Marcondiro dirondà.
A questo punto i due ragazzi si fermavano e iniziavano a girare, gli altri del cerchio rispondevano:
E il nostro è ancor più bello Marcondiro dirondello eil nostro è ancor più bello  Marcondiro dirondà.
I due ragazzi rispondevano: E noi lo ruberemo Marcondiro dirondello e noi lo ruberemo Marcondiro dirondà.
E il cerchio domandava: E che cosa ruberete? Marcondiro dirondello e che cosa ruberete? Marcondiro dirondà.
I ragazzi rispondevano: Ruberemo una bambina bianca rossa e ricciolina,ruberemo una bambina bianca rossa e ricciolina. Il cerchio chiedeva: E chi è questa bambina bianca rossa e chi è questa bambina bianca rossa e ricciolina.
Ragazzi: la più bella della città (aggiungevano nome e il cognome) e si prega venga qua.
La bambina nominata si staccava dal cerchio grande e andava dai due ragazzi.
Il gioco continuava fino ad esaurimento e l'altro diventava sempre più grande. 

                                                                                              I carretti

Era un mezzo a quattro ruote fatto tutto di legno. Quando nelle  discese prendeva velocità l'emozione era tanta,ma a volte
capitava anche di farsi male, perché o si perdeva una ruota o ci si scontrava.
Una volta arrivati in fondo alla discesa si doveva riportare il carretto in cima a stare attenti a non essere investiti.
Per costruirlo era necessario procurarsi un legno fatto a forcella, del diametro di circa cinque centimetri che serviva da telaio, due legni di ornello per fare i fusilli (assali) due corde per lo stesso sterzo, una tavoletta per mettersi a sedere.
Occorrevano un pennato, un coltello,un martello,una sega,un succhiello,e dei chiodi fatti fare dal fabbro.
La sega ed il succhiello grosso per fare il foro nella ruota lo possedevano in pochi e così era difficile costruire la ruota;
molte volte il foro veniva fatto e allungato facendoci passare più volte un ferro rovito (arroventato).
Quando c'era tutto il necessario il babbo,nelle giornate che pioveva e non poteva lavorare,incominciava il lavoro.
In cima alla forcella ci si faceva un foro. Nel centro del fusello davanti ci si piantava un chiodo lungo che lo collegava al telaio e desse il movimento allo sterzo. Dopo inchiodava la tavola per starci  a sedere ed il fusello di dietro.
Per freni si usavano le scarpe e come sterzo due pezzi di corda legati uno per parte all'asse delle ruote davanti.
Come lubrificante veniva adoperato il lardo del maiale,ma le più volte non c'era e così per andare ci voleva unastrada molto in pendenza. La ruota di legno, facendo attrito con il fusello, sempre di legno,si consumava alla svelta facendo così andare le
ruote tutte storte.
 
( Io come ruote mettevo dei cucinetti di acciaio con delle sfere anchesse di acciaio, così andava anche più forte e scorreva molto di più). 


                                                                           

                                                                                          
                                                                                           Madama Dorè
                                                                                                                                                                                             
Ritornando la primavera con le sue belle giornate,soprattutto la domenica sera,quando quasi tutti facevano festa, i ragazzi e
le ragazze si riunivano all'aperto a giocare Madama Dorè .In uno spazio pianeggiante si davano la mano formando un grande
cerchio,uno restava all' esterno. I ragazzi del cerchio muovendosi in girotondo iniziarono a cantare:
O  quante belle  figlie Madama Dorè o quante belle figlie.....
il giovane rimasto al di fuori,girando intorno al cerchio sempre cantando diceva:
Me ne daresti una Madama Dorè me ne daresti una?
Risposta. Che cosa ne voi fare Madama Dorè che cosa ne vuoi fare?
Ragazzo.La voglio maritare Madama Dorè la voglio maritare.
Richiesta.Con chi la mariteresti Madama Dorè con chi la mariteresti?
Ragazzo.Col principe di Spagna Madama Dorè col principe di Spagna.
I bambini o adulti del cerchio si riunivano al centro per valutare la richiesta e accettandola rispondevano in coro:
Entrate nel castello Madama Dorè entrate nel castello.
Ragazzo.Le porte sono chiuse Madama Dorè le porte sono chiuse.
Risposta. Le porte si apriranno Madama Dorè le porte si apriranno.
A questo punto il cerchio da una parte si apriva,il ragazzo entrava dentro e facendosi dalla sua sinistra inizia a contare con la seguente cantilena: La più bella che ci sia me la voglio portar via.
Una volta scelta la ragazza e usciti insieme fuori, il cerchio si richiudeva e si ricominciava dall'inizio fino ad esaurimento dei partecipanti.

                                                                                               L'anello
  
I ragazzi dei contadini questo gioco lo facevano nel periodo invernale,la sera dopo cena quando si riunivano in più persone in
un casolare sparso nella campagna . In questa vegliatura  gli uomini giocavano a carte,con il fiasco del vino sopra al tavolo,
offerto dal capoccia di casa, le donne filavano e rammendavano e i ragazzi si facevano dare l'anello a qualche donna e giocavano. Nei paesi usava farlo anche di giorno all'aperto.
I partecipanti si mettevano in fila con le mani chiuse,uno di loro (scelto con la conta) prendeva l'anello e, a suo piacimento lo faceva cadere,senza farsi vedere e dopo varie finte, tra le mani di un compagno scelto.
Rivolgendosi poi ad un ragazzo gli chiedeva : Chi l'ha l'anello? Se indovinava toccava a lui a darlo, mentre se sbagliava doveva subire una penitenza. Veniva messo a sedere al centro e gli veniva chiesto che penitenza voleva scegliere dire,fare,baciare,camminare o testamento.
Se sceglieva baciare il più delle volte lo mandavano a dare un bacio ad un vecchio o ad un uomo che giocava,per poi ridere.
se sceglieva dire veniva mandato a dire qualcosa di buffo in un orecchio a qualcuno.
se sceglieva camminare,lo mandavano a fare un piccolo percorso.
Se diceva testamento poteva subire una carezza, come una tirata di orecchi perché dal di dietro gli veniva chiesto:
Quanti di questi?Il penitente diceva tre e quello di dietro aveva stabilito  senza farsi vedere la carezza, se invece aveva stabilito gli scappaccioni ne prendeva t

                                                                                               

                                                                                  Salta Montone
                                                                           
Era un gioco da farsi all'aperto in due o più ragazzi. Il primo si metteva con la schiena piegata e le mani sui ginocchi.
Il secondo prendeva la rincorsa, mentre le mani sulla schiena del compagno curvo e lo saltava con  le gambe aperte.
Dopo pochi metri si fermava e si abbassava nella stessa posizione del primo.
Il secondo ragazzo ne doveva saltare due, tre il terzo e così via.
Finito il primo giro il ragazzo che aveva iniziato il gioco si alzava e saltava tutti i ragazzi.
Il gioco continuava così senza vincitori e vinti fino a che non veniva a noia.

                                                                                 

                                                                                     
Il Panforte

Era un gioco molto divertente,si giocava durante le feste Natalizie con tutta la famiglia riunita.
Si foderava e si legava bene il Panforte con lo spago per non farlo uscire dalla carta
e per non rovinarlo durante il gioco.
Veniva gettato a distanza di circa tre metri o più, (per noi bambini anche meno), sul tavolo di cucina.
Con un metro o con un cucchiaio di legno (mio padre usava il cucchiaio di legno) si prendeva le misure.
Vinceva chi riusciva ad avvicinare il Panforte il più vicino possibile alla soglia del tavolino.


                                    






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                                       Grazie a:
             Evaldo Serpi e Alice  Borghetti per aver dato il consenso alla pubblicazione dei testi.