La città del silenzio
 
 
Qua in cima al colle pacata e molle
si appoggia e distende l'eterna città
non c'è più il folle aggiornarsi non volle
lenta si estingue e futuro non ha
lungo i vicoli stretti diacciati
sotto i cieli grandiosi e stellati
anche il cervo non vuol più gracchiare
perché ha smesso anche lui  di sperare
passo di qua ripasso di là
in ogni passo conosco di già
non c'è ricordo della mia storia
e anche  i ceppi non han più memoria
siamo  immersi in questo presente
dove lo slancio vitale è assente
dove l'etrusco con il romano
furono grandi ma lo furono invano
fra altri muscosi e fori cadenti
son frettolose col naso all'insù
ma il giorno dopo non ci sono più
una reliquia vetusta ed austera
una voragine  oscura e nera
per pochi intimi ormai rassegnati
a restar soli e dimenticati
e fra le mura fredda  e silente
s'aggita ancora sparuta gente
che nell'intrallazzo e nella pazzia
affrontano ignari la lenta agonia.
                                                      Anonimo
                                

                                                                                                                                                        


      Miracolo sotto la pioggia
             
Poggia improvvisa,
pioggia battente.
Sotto  l ' ombrello corro ;
Il treno sta per arrivare
" venga , venga , aspettavamo solo lei ".
Tutto intorno  tanta acqua !
Mi guardo addosso , mi sorprendo
" sono asciutto asciutto - penso - che
strano ".
Un angelo mi ha riparato
con le  sue grandi amorevoli ali .
Sì , lassù qualcuno sempre ci guarda .
        
                       Anonimo
 
                                                                                                                                                     
   
                                                            
   
   Campane nella notte

E ' una notte fredda , ..........
senza luna .
Nel buio silenzioso
improvviso si diffonde
un deciso scampanio .
I ritocchi  son penetranti
come lance appuntite .
Trafiggono senza dolore
corpi di molle resistenza ,
da lunghi viaggi .
Suoni come grida mute
che scendono dal cielo ,
quasi a chiedere soccorso .
Ora che la ragione
rantola fra le rovine sporche ,
di vite spezzate ,
in specchi frantumati .
Fra violenze che impongono
e loro leggi folli , ...
sotto sguardi smarriti , ...
sopra lacrime che solcano
guance impolverate .
E ' giunta l ' ora
ormai di lavare
l ' onta di gesti insensati
nel dolore innocente ,
di sguardi offesi .
E ' giunta l ' ora ormai di uccidere ,
il male nato dentro di noi , ...
di correre
verso arcobaleni nuovi
di fratellanza e d ' amore .
Ai buoni saranno evitati
i rigori di nuovi inverni ,
mentre il sentiero innevato
di speranza rinata ,
brillerà di una cometa nuova
in questa notte di Natale.
                             Enrico Partigiani
 
 
                                        
     
                     Insonnia
 
Nella notte,
la campagna dorme
intirizzita dal gelo.
I ritocchi cadenzanti
della mezzanotte,
non disturbano
i miei pensieri,
nel silenzio totale.
Fragili rumori
si perdono nel buio,
come inghiottiti
da una gola profonda.
Con canto sinistro,
una vecchia civetta
fa richiami inascoltati,
saltellando sui tetti scuri
del paese addormentato.
La veglia insonne,
mi avvolge di pensieri
mai sopiti,
come un manto leggero
di malinconia.......
di lacrime silenziose.
La mente,
non trova
il riposo voluto,
nell'attesa costante
del giorno nuovo.
                        Enrico Partigiani
 
 
          Le mie tavole
 
Ho camminato
su terreni argillosi
pieni solo di erbacce.
Ho attraversato
i solghi profondi
di fresca aratura.
Ho arrancato
sui pendii scoscesi
dalla via delle Macie,
sui guardi della Zambra,
nei viottoli di scornello.
Ho scalato incosciente
fra le tue braccia mamma,
il monte Volterrano, ...
il mio sinai di dolore.
In vetta ho ricevuto
in piccole mani,
le tavole pesanti
della legge di vita,
per la mia esistenza.
Una legge molto severa
alla guale non detti
l'importanza dovuta ...
ma che segnò,
con marchio di fuoco
il corpo indifeso
d'un bimbo innocente.
                              
                           Enrico Partigiani     
 
                                                                                                                                           
        
          A  Peter Pan
 
Abbiamo viaggiato  insieme
tu , ed io ragazzo  smarrito.
Le nostre  avventure , i nostri giochi
ora il mio volo si è fermato .
Ciao Peter ,
ci rivedremo quando avrò insegnato al figlio mio
a volare .
             
                Riccardo Cipriani
 
                                       
 
 
          
             Tempo di Palio
                        
Nell'afa dei lunghi
giorni estivi
il paese si mobilita:
il Palio incombe.
Consigli e critiche,
scenari e prosa
passano furtivi
da mano a mano
da bocca a bocca.
Gli sguardi
sono attenti e vigili.
La sorpresa
è arma di vittoria.
Sartine, attori,
comparse,si uniscono
in tenzone avvincente
per il rione ...per l paese.
Drappi e bandiere,
ornano balconi e finestre,
mentre tamburi tuonano
nelle notti  già fresche.
Intanto le prime piogge,
purificano l'aria
esaltando i profumi
di frutta matura.
Il palio è passato.
Dopo i commenti,
si pensa già
alla prossima sfida.
 
                       Enrico Partigiani 
 
                                                                                                                            

                      
               Tarda Estate
 
Nel bosco il tepore stanco
dell'ultima estate, cambia
i colori alle foglie
che si accartocciano,
tinte di giallo pastello
sempre più marrone bruciato.
Poi cadono spinte da aliti
freschi e silenziosi.
Albe e tramonti  producono
foschie diffuse nelle valli
mentre gli orizzonti,
con profili nitidi,
staccano la terra dal cielo.
In gruppi gli uccelli
migrano alti e silenziosi
varcando l'orizzonte.
Senso di nuovo calore....
senso d'attesa struggente
c'è nell'animo d'ognuno.
Sono le dolcezze
che il cuore conserva,
sono i pensieri
che sbocciano
cantando il mondo,
nell'abbraccio eterno
con la natura madre.
                        
                            Enrico Partigiani
 
 
                                                                                                                    
         
              Isolamento   
  
Disteso nel campo
di rossi papaveri,
nascono dalle erbe
ormai alte
ascolto rumori sibilanti
che mi reca il vento,
fra lo sbattere
di foglie tenere e
canti armoniosi
d'uccelli festanti.
La mente s'abbandona
al tepore solare,
alla natura avvolgente
come abbraccio d' amante.
fuori dal percorso
dei giorni comuni
i pensieri raggiungono
dolcezza di quiete sublime, ...
abbandono completo
al trasporto nei sogni , ...
oltre i pensieri più segreti
fra nuvole accumulate
dove giace il riposo.
                                 Enrico Partigini
                      
       
                                                                                                                           
   
          Rosa di Maggio  
 
 
Fiori,
tanti fiori
c'erano allora,
nel giardino
di gioventù:
di tanti colori....
di tanti profumi....
di tante specie.
Mi ero confuso
nel guardarli,
sembrano tutti
uguali e belli.
poi vidi te,
rosa di maggio,
vellutata e casta,
quasi chinata
al mio passare.
Attirasti
il mio sguardo,
mi donasti
il tuo profumo.
oggi, sono ancora
in tua compagnia,
per ritardare
il più possibile
una sfioritura,
che nel mio cuore
non ci sarà mai.
                  Enrico Partigiani
 
 

                                                                                                                        

                              
             
              San Martino
 
Nebbia a gl 'colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e bianccheggia il mar;
Ma per le vie del borgo
Dal ribolir de' tini
Va l ' aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando:
Sta il cacciator fischiando
Sull'uscio a rimmirar
Tra le rossastre nubi
Stormi d' uccelli neri ,
Com' esuli pensieri ,
Nel vespero migrar
 
                              Giosuè Carducci
 
                                                  
                                               
  Traversando la maremma toscana
 
Dolce paese, onde portai conforme
L'abito fiero  e lo sdegnoso canto
 E il petto ov'odio  e amor  mai s'addorme ,
Pur ti riveggo , e il cuor mi  balza in tanto .
Ben riconosco in te le usate forme
Con gli occhi incerti tra i' l sorriso e il pianto ,
E in quelle seguo de ' miei sogni  l ' orme
Erranti dietro  il giovenile  incanto .
Oh , quel che amai , qel che sognai , fu invano;
E sempre corsi , e mai non giunsi  il fine .
E dimani cadrò . Ma di lontano
Pace dicono al cuor le tue colline
Con le nebbie sfumanti e il verde piano
Ridente ne le piogge mattutine .
 
                                        Giosuè Carducci
 
 
                              
 
 

      Davanti San Guido   
 
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino -
Perché non scendi? perché non ristai? 
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d'una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido così
Le passere la sera intreccian voli
A noi d'intorno ancora. Oh resta qui!

Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d'un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei -
Guardando io rispondeva - oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem'ire:
Or non è più quel tempo e quell'età.
Se voi sapeste!... via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù;
Non son più, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro più.

E massime a le piante. - Un mormorio
Pe' dubitanti vertici ondeggiò,
E il dì cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe' parole:
Ben lo sappiamo: un pover uomo tu se'.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L'umana tua tristezza e il vostro duol;
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com'è allegro de' passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da' fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l'ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l'ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co 'l lor bianco velo;

E Pan l'eterno che su l'erme alture
A quell'ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. 

Ed io - Lontano, oltre Appennin, m'aspetta
La Tittì - rispondea -; lasciatem'ire.
È la Tittì come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio, cipressi! addio, dolce mio piano! 

Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? -
E fuggìano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giù de' cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia:

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l'ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch'è sì sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co 'l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com'era bella
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio così.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero,
Ove non penso di posarmi più:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggìa la vaporiera
Mentr'io così piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo
E a brucar serio e lento seguitò
                               Giosuè Carducci  
 

                                                              

Poesia sulla Toscana

 
Dolce Toscana, tu dal monte al mare
appari quale terra singolare:
hai splendida natura in ogni parte
é molti insigni monumenti d'arte.
Ti lodano per l'olio o per i vini
ed anche per le pecore e i bovini;
e ti dan vanto ancor per i cavalli
e per il ricco dono dei metalli:
ma la tua vera gloria son gl'ingegni,
che d'alto onore ognuno stima degni.
Col sommo Dante, sono ovunque noti
Leonardo, Galileo e il Buonarroti.   
 
 
 

       DOMENICA NELLE CAMPAGNE DELLA  TOSCANA
 
 
Domenica nelle campagne della Toscana:
vigne allieneate,
olive che fanno ondeggiare i poggi,
cipressi che punteggiano torri e castelli
come se i suoni di Frescobaldi
si condensassero in paesaggio.
Eppure
qua e là
sento scoppi che squarciano l'azzurro:
un cacciatore della domenica con il suo cane
scende solerte il pendio
con la sua arma in mano.
Cadono uccelli che non vedo
sacrificati
sulle foglie a terra.
Domenica nelle campagne della Toscana:
- anche la morte fa sentire i suoi rumori
nei momenti di perfezione.
 
                                           Affonso Romano de Sant'Anna 

 
               Nostalgia
 
Tra le nubi ecco il  turchino
Cupo ed umido prevale:
Sale verso l ' Appenino
Brontolando il temporale .
Oh se il turbine cortese
Sovra l 'ala aquilonar
Mi volesse al  bel paese
Di Toscana trasportar !
Non d ' amici o parenti
Là m ' invita il cuore e il volto :
Chi m' arrise  a i dì  ridenti
Ora è savio  od è sepolto .
Né di viti né d' ulivi
Bel desio mi chiama là :
Fuggerei da' lieti clivi
Benedetti d' ubertà.
De le mie cittadi i vanti
E le solite canzoni
Fuggirei : vecchie ciancianti
A mormorei barconi !
Dove raro ombreggia il bosco
Le maligne crete, e al pian
Di rei sugheri irto e fosco
I cavalli entrando van.
Là in maremma ove florìo
La mia triste primavera,
Là rivola il pensier mio
Con i tuoni e la bufera :
Là nel ciel  nero librarmi
La mia partria a riguardar ,
Poi co ' l  tuon vò sprofondarmi
Tra quei colli ed in quel mar.
 
                           Giosuè Carducci
 
             
 
               
 
 
 
                Comune Rustico
 
O, che tra faggi e abeti erma sui campi
Smeraldini la fredda ombra si stampi
Al sole del mattin puro e leggero,
O che foscheggi immobile nel giorno
Morente su le sparse ville intorno
A la chiesa che prega o al cimitero
Che tace, o noci de la Carnia, addio!
Erra tra i vostri rami il pensier mio 
Sognando l'ombre d'un tempo che fu. 
Non paure di morti ed in congreghe
Diavoli goffi con bizzarre streghe,
Ma del comun la rustica virtú

Accampata a l'opaca ampia frescura
Veggo ne la stagion de la pastura

Dopo la messa il giorno de la festa. 
Il consol dice, e poste ha pria le mani
Sopra i santi segnacoli cristiani:

— Ecco, io parto fra voi quella foresta
D'abeti e pini ove al confin nereggia.
E voi trarrete la mugghiante greggia
E la belante a quelle cime là. 
E voi, se l'unno o se lo slavo invade,
Eccovi, o figli, l'aste, ecco le spade,
Morrete per la nostra libertà. — 
Un fremito d'orgoglio empieva i petti,

Ergea le bionde teste; e de gli eletti
In su le fronti il sol grande feriva.
Ma le donne piangenti sotto i veli 
Invocavan la madre alma de' cieli. 
Con la man tesa il console seguiva:
— Questo, al nome di Cristo e di Maria, 
Ordino e voglio che nel popol sia. — 

A man levata il popol dicea, Sí. 
E le rosse giovenche di su 'l prato 

Vedean passare il piccolo senato,
Brillando su gli abeti il mezzodí.
 
                                 Giosuè Carducci
 
 

                                                                                                          

                                                                                                               

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Riccardo Cipriani per aver dato il consenso per la pubblicazione delle loro poesie.
                                                                                            
                                                                                                                
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